IN CORPORE
sabato 16 maggio 2009
In occasione del Pride 2009
Maschile Plurale organizza il laboratorio IN CORPORE
Venerdì 12 giugno 2009 - ROMA
Il gruppo romano dell'Associazione Maschile Plurale ha organizzato per venerdì 12 giugno 2009 il laboratorio IN CORPORE, all'interno della settimana di iniziative del Pride Romano.
Il corpo e i corpi (storie, vissuti, trasformazioni) sono il tema del laboratorio e la domanda di fondo che farà da cornice, e che ci sembra animi il dibattito politico, culturale e sociale di questi tempi, è questa: possono corpi con differenti esperienze fisiche, affettive e
sessuale diventare una fonte reciproca di senso e di libertà?
L'evento si svolgerà presso "la Citta dell'Altra Economia", un complesso creato dalla ristrutturazione dell'ex Mattatoio e si realizzerà in due tempi indipendenti, mattina e pomeriggio. Verranno proposti momenti di condivisione e di discussione in plenaria, in
piccoli gruppi e momenti di gioco esperienziale.
La partecipazione è gratuita. Il numero massimo di partecipanti sarà 30: ci proponiamo di coinvolgere, oltre agli uomini della Rete che verranno alla manifestazione del Pride sabato 13 giugno, una molteplicità di soggettività, orientamenti affettivi e sessuali, esperienze di vita e di impegno, per rendere ampio il confronto e articolati gli apprendimenti possibili per tutt*.
Nei prossimi giorni metteremo sul sito ulteriori dettagli. Dato il numero limitato di posti, conviene comunicare il prima possibile l'interesse a partecipare a info@maschileplurale.itIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo .
lunedì 18 maggio 2009
sabato 28 marzo 2009
Resoconto dell'incontro a Pinerolo
Primo piano – 24.3.09
E’ PRIMAVERA!
Nel weekend scorso, 21 e 22 marzo, Pinerolo ha ospitato l’incontro nazionale dell’associazione MaschilePlurale e della rete degli uomini e dei gruppi-uomini che vi fanno riferimento. Due splendide giornate di sole, da primavera come non tutti gli anni...
“Primavera” è, soprattutto, la definizione che sta circolando tra gli uomini che vi hanno partecipato:
Perché crescono gruppi di uomini in giro per l’Italia, dalla Sicilia alla Brianza
Perché cresce la consapevolezza che non tanto “contro la violenza” conviene metterci in cammino, quanto piuttosto “per la felicità” nella nostra personale e collettiva vita di relazione
Perché primavera rigogliosa ci appare la ricchezza e varietà di competenze e di iniziative che ogni volta e sempre più popolano i nostri reciproci racconti.
Abbiamo assunto decisioni che sono finalmente maturate in due anni di vita dell’associazione. Di una voglio darvi conto subito, perché ci riguarda tutti da vicino: nel corso del 2009 MaschilePlurale organizzerà una manifestazione nazionale di uomini contro la violenza alle donne; forse intorno al 25 novembre, forse prima... Vi terrò tempestivamente informati: non potremo fingere di non saperlo...
Infine, un altro fiore di primavera è sbocciato tra le nostre mani: siamo stati ospiti della Casa “Giovanna di Chantal”, aperta neppure un anno fa dalle monache del convento di clausura della Visitazione di Santa Maria.
Non solo; sabato pomeriggio c’è stato un incontro in parlatorio: un desiderio reciproco che abbiamo realizzato con grande emozione. Dopo alcuni nostri brevi interventi di presentazione, le suore hanno dato la loro testimonianza, concludendo: “ Anche noi siamo donne in cammino!” In piedi, abbiamo condiviso con il cuore il loro canto del Padre Nostro in spagnolo... alcune di loro vengono dal Messico.
C’è primavera, dunque, dove e quando uomini si convertono: dalla cultura di morte del dominio patriarcale alla cultura della vita, dell’amore, della convivialità di tutte le differenze, “secondo lo Spirito” del “buon messaggio” di Gesù.
Buona Pasqua a tutti e a tutte!
Beppe Pavan – cdb di Pinerolo
E’ PRIMAVERA!
Nel weekend scorso, 21 e 22 marzo, Pinerolo ha ospitato l’incontro nazionale dell’associazione MaschilePlurale e della rete degli uomini e dei gruppi-uomini che vi fanno riferimento. Due splendide giornate di sole, da primavera come non tutti gli anni...
“Primavera” è, soprattutto, la definizione che sta circolando tra gli uomini che vi hanno partecipato:
Perché crescono gruppi di uomini in giro per l’Italia, dalla Sicilia alla Brianza
Perché cresce la consapevolezza che non tanto “contro la violenza” conviene metterci in cammino, quanto piuttosto “per la felicità” nella nostra personale e collettiva vita di relazione
Perché primavera rigogliosa ci appare la ricchezza e varietà di competenze e di iniziative che ogni volta e sempre più popolano i nostri reciproci racconti.
Abbiamo assunto decisioni che sono finalmente maturate in due anni di vita dell’associazione. Di una voglio darvi conto subito, perché ci riguarda tutti da vicino: nel corso del 2009 MaschilePlurale organizzerà una manifestazione nazionale di uomini contro la violenza alle donne; forse intorno al 25 novembre, forse prima... Vi terrò tempestivamente informati: non potremo fingere di non saperlo...
Infine, un altro fiore di primavera è sbocciato tra le nostre mani: siamo stati ospiti della Casa “Giovanna di Chantal”, aperta neppure un anno fa dalle monache del convento di clausura della Visitazione di Santa Maria.
Non solo; sabato pomeriggio c’è stato un incontro in parlatorio: un desiderio reciproco che abbiamo realizzato con grande emozione. Dopo alcuni nostri brevi interventi di presentazione, le suore hanno dato la loro testimonianza, concludendo: “ Anche noi siamo donne in cammino!” In piedi, abbiamo condiviso con il cuore il loro canto del Padre Nostro in spagnolo... alcune di loro vengono dal Messico.
C’è primavera, dunque, dove e quando uomini si convertono: dalla cultura di morte del dominio patriarcale alla cultura della vita, dell’amore, della convivialità di tutte le differenze, “secondo lo Spirito” del “buon messaggio” di Gesù.
Buona Pasqua a tutti e a tutte!
Beppe Pavan – cdb di Pinerolo
venerdì 30 gennaio 2009
Appello agli Uomini
Associazione Nazionale MaschilePlurale
La violenza contro le donne ci riguarda: prendiamo la parola e l’impegno come uomini.
E’ sempre più lunga la scia di delitti commessi da uomini contro ex mogli o fidanzate, contro compagne in procinto di lasciarli, violenze di gruppo, stupri consumati durante una festa o aggressioni. Violenze nate nel degrado delle nostre periferie, ma anche stupri e ricatti sessuali ad opera di italiani contro donne straniere e di stranieri contro donne italiane: comunque e sempre uomini. Le reazioni delle istituzioni ci sembrano inadeguate o addirittura negative. Per questo, ad oltre due anni dalla sua prima pubblicazione torniamo a proporre il nostro Appello agli uomini. Nel settembre 2006 era stato pubblicato e sottoscritto da quasi mille uomini di tutta Italia. Oggi lo rilanciamo come appello dell’Associazione Nazionale MaschilePlurale, nata nel maggio del 2007 e vi chiediamo di aderire.
"Assistiamo a un ritorno quotidiano della violenza esercitata da uomini sulle donne, con dati allarmanti anche nei paesi "evoluti" dell’Occidente democratico. Violenze che vanno dalle forme più barbare dell’omicidio e dello stupro, delle percosse, alla costrizione e alla negazione della libertà negli ambiti familiari, sino alle manifestazioni di disprezzo del corpo femminile. Una ricerca del Consiglio d’Europa afferma che l’aggressività maschile è la prima causa di morte violenta e di invalidità permanente per le donne fra i 16 e i 44 anni in tutto il mondo e tale violenza si consuma soprattutto tra le pareti domestiche.
Siamo di fronte a una recrudescenza quantitativa di queste violenze oppure a un aumento delle denunce da parte delle donne? Resta il fatto che esiste ormai un’opinione pubblica e un senso comune, che non tollera più queste manifestazioni estreme della sessualità e della prevaricazione maschile.
Chi lavora nella scuola e nei servizi sociali denuncia una situazione spesso molto critica nei comportamenti degli adolescenti maschi, più inclini delle loro coetanee a comportamenti violenti, individuali e di gruppo.
Forse il tramonto delle vecchie relazioni tra i sessi basate su una indiscussa supremazia maschile provoca una crisi e uno spaesamento negli uomini che richiedono una nuova capacità di riflessione, di autocoscienza, una ricerca approfondita sulle dinamiche della nostra sessualità e sulla natura delle relazioni con le donne e con gli altri uomini.
La rivoluzione femminile che abbiamo conosciuto dalla seconda metà del secolo scorso ha cambiato il mondo. Sono mutate prima di tutto le nostre vite, le relazioni familiari, l’amicizia e l’amore tra uomini e donne, il rapporto con figlie e figli. Sono cambiate consuetudini e modi di sentire. Anche le norme scritte della nostra convivenza registrano, sia pure a fatica, questo cambiamento.
L’affermarsi della libertà femminile non è una realtà delle sole società occidentali. Il moto di emancipazione e liberazione delle donne si è esteso, con molte forme, modalità e sensibilità diverse, in tutto il mondo. La condizione della donna torna in modo frequente nelle polemiche sullo "scontro di civiltà" che sarebbe in atto nel mondo. Noi pensiamo che la logica della guerra e dello "scontro di civiltà" può essere superata solo con un "cambio di civiltà" fondato in tutto il mondo su una nuova qualità del rapporto tra gli uomini e le donne.
Oggi attraversiamo una fase contraddittoria, in cui sembra manifestarsi una larga e violenta "reazione" contraria al mutamento prodotto dalla rivoluzione femminile. La violenza fisica contro le donne può essere interpretata in termini di continuità, osservando il permanere di un’antica attitudine maschile che forse per la prima volta viene sottoposta a una critica sociale così alta, ma anche in termini di novità, come una "risposta" nel quotidiano alle mutate relazioni tra i sessi.
Un altro sintomo inquietante è il proliferare di mentalità e comportamenti ispirati da fondamentalismi di varia natura religiosa, etnica e politica, che si accompagnano sistematicamente a una visione autoritaria e maschilista del ruolo della donna. Queste stesse tendenze sono però attualmente sottoposte a una critica sempre più vasta, soprattutto – ma non esclusivamente – da parte femminile.
In un contesto di insicurezza (in parte reale, in parte enfatizzata dai media e da settori della politica), di continua emergenza e paura per azioni terroristiche e per le contraddizioni provocate dalla nuova dimensione dei flussi di immigrazione, nel dibattito pubblico la matrice della violenza patriarcale e sessuale è stata spesso riferita a culture e religioni diverse dalla nostra. Molte voci però hanno insistito giustamente sul fatto che anche la nostra società occidentale non è stata e non è a tutt’oggi immune da questo tipo di violenza. E’ anzi possibile che il rilievo mediatico attribuito alla violenza sessuale che viene dallo "straniero" risponda a un meccanismo inconscio di rimozione e di falsa coscienza rispetto all’esistenza di questo stesso tipo di violenza, anche se in diversi contesti culturali, nei comportamenti di noi maschi occidentali.
Si è parlato dell’esigenza di un maggiore ruolo delle istituzioni pubbliche, sino alla costituzione come parti civili degli Enti Locali e dello Stato nei processi per violenze contro le donne. Si è persino messo sotto accusa un ipotetico "silenzio del femminismo" di fronte alla moltiplicazione dei casi di violenza.
Noi pensiamo che sia giunto il momento, prima di tutto, di una chiara presa di parola pubblica e di assunzione di responsabilità da parte maschile. In questi anni non sono mancati singoli uomini e gruppi maschili che hanno cercato di riflettere sulla crisi dell’ordine patriarcale. Ma oggi è necessario un salto di qualità, una presa di coscienza collettiva. La violenza è l’emergenza più drammatica.
Una forte presenza pubblica maschile contro la violenza degli uomini potrebbe assumere valore simbolico rilevante. Anche diffondendo e firmando questo Appello, convocando nelle città manifestazioni, incontri, assemblee, per provocare un confronto reale.
Siamo sempre più convinti che un filo unico leghi fenomeni anche molto distanti tra loro ma riconducibili alla sempre più insopportabile resistenza con cui la parte maschile della società reagisce alla volontà che le donne hanno di decidere della propria vita, di significare e di agire la loro nuova libertà: il corpo femminile è negato con la violenza. E invece viene anche disprezzato e considerato un mero oggetto di scambio (come ha dimostrato il recente scandalo sulle prestazioni sessuali chieste da uomini di potere in cambio di apparizioni in programmi tv ecc.). Viene rimosso da ambiti decisivi per il potere: nella politica, nell’accademia, nell’informazione, nell’impresa, nelle organizzazioni sindacali. Lo sguardo maschile non vede ancora adeguatamente la grande trasformazione delle nostre società prodotta negli ultimi decenni dal massiccio ingresso delle donne nel mercato del lavoro.
Proponiamo e speriamo che finalmente inizi e si diffonda in tutta Italia una riflessione pubblica tra gli uomini, nelle famiglie, nelle scuole e nelle università, nei luoghi della politica e dell’informazione, nel mondo del lavoro, una riflessione comune capace di determinare una svolta evidente nei comportamenti quotidiani e nella vita di ciascuno di noi."
(Stiamo organizzando un incontro pubblico in Piemonte, a Pinerolo, il 21 e 22 marzo)
Per controfirmare l’Appello: http://www.maschileplurale.it/
Blog: http://blogmaschilepluraleitalia.blogspot.com/
Contatti: info@maschileplurale.it
Piemonte
Cerchio degli Uomini: http://www.cerchiodegliuomini.org/, Roberto Poggi roby.po@libero.it (Torino) Uomini in cammino: Beppe Pavan carlaebeppe@libero.it (Pinerolo)
Lombardia
Alessio Miceli almiceli63@gmail.com (Milano); Danilo Villa danilo.villa@cgil.lombardia.it (Brianza)
Liguria
Alberto Leiss albertoleiss@gmail.com (Genova)
Veneto
Andrea Lavagnoli andrealava@tiscali.it (Verona);Giovanni Ferronato giovanni.ferronato@libero.it (Castelfranco); Marco Cazzaniga adriarca@interfree.it (Spinea)
Emilia Romagna
Marco Deriu marco.deriu@unipr.it e giacmamb@libero.it (Parma); Sandro Bellassai sandro.bellassai@unibo.it e Gianluca kabala76@email.it (Bologna)
Toscana
Gruppo Uomini Viareggio: Riccardo Corrieri marinaricca@alice.it (Viareggio)
Umbria
Simone Alfonsi goguar@gmail.com (Orvieto)
Lazio
MaschilePlurale: Stefano Ciccone ciccone@romascienza.it (Roma)
Puglia
Uomini in gioco: Nino De Giosa ninodegiosa@gmail.com (Bari) e Orazio Leggiero orazioleggiero@libero.it (Monopoli)
Sicilia
Associazione Nonpiùsole: Carmelo Pulvirenti cpulvirenti@nonpiusole.it (Ragusa), Michele Ammirata micheleammirata@libero.it e Cirus Rinaldi cirus.rinaldi@alice.it (Palermo)
La violenza contro le donne ci riguarda: prendiamo la parola e l’impegno come uomini.
E’ sempre più lunga la scia di delitti commessi da uomini contro ex mogli o fidanzate, contro compagne in procinto di lasciarli, violenze di gruppo, stupri consumati durante una festa o aggressioni. Violenze nate nel degrado delle nostre periferie, ma anche stupri e ricatti sessuali ad opera di italiani contro donne straniere e di stranieri contro donne italiane: comunque e sempre uomini. Le reazioni delle istituzioni ci sembrano inadeguate o addirittura negative. Per questo, ad oltre due anni dalla sua prima pubblicazione torniamo a proporre il nostro Appello agli uomini. Nel settembre 2006 era stato pubblicato e sottoscritto da quasi mille uomini di tutta Italia. Oggi lo rilanciamo come appello dell’Associazione Nazionale MaschilePlurale, nata nel maggio del 2007 e vi chiediamo di aderire.
"Assistiamo a un ritorno quotidiano della violenza esercitata da uomini sulle donne, con dati allarmanti anche nei paesi "evoluti" dell’Occidente democratico. Violenze che vanno dalle forme più barbare dell’omicidio e dello stupro, delle percosse, alla costrizione e alla negazione della libertà negli ambiti familiari, sino alle manifestazioni di disprezzo del corpo femminile. Una ricerca del Consiglio d’Europa afferma che l’aggressività maschile è la prima causa di morte violenta e di invalidità permanente per le donne fra i 16 e i 44 anni in tutto il mondo e tale violenza si consuma soprattutto tra le pareti domestiche.
Siamo di fronte a una recrudescenza quantitativa di queste violenze oppure a un aumento delle denunce da parte delle donne? Resta il fatto che esiste ormai un’opinione pubblica e un senso comune, che non tollera più queste manifestazioni estreme della sessualità e della prevaricazione maschile.
Chi lavora nella scuola e nei servizi sociali denuncia una situazione spesso molto critica nei comportamenti degli adolescenti maschi, più inclini delle loro coetanee a comportamenti violenti, individuali e di gruppo.
Forse il tramonto delle vecchie relazioni tra i sessi basate su una indiscussa supremazia maschile provoca una crisi e uno spaesamento negli uomini che richiedono una nuova capacità di riflessione, di autocoscienza, una ricerca approfondita sulle dinamiche della nostra sessualità e sulla natura delle relazioni con le donne e con gli altri uomini.
La rivoluzione femminile che abbiamo conosciuto dalla seconda metà del secolo scorso ha cambiato il mondo. Sono mutate prima di tutto le nostre vite, le relazioni familiari, l’amicizia e l’amore tra uomini e donne, il rapporto con figlie e figli. Sono cambiate consuetudini e modi di sentire. Anche le norme scritte della nostra convivenza registrano, sia pure a fatica, questo cambiamento.
L’affermarsi della libertà femminile non è una realtà delle sole società occidentali. Il moto di emancipazione e liberazione delle donne si è esteso, con molte forme, modalità e sensibilità diverse, in tutto il mondo. La condizione della donna torna in modo frequente nelle polemiche sullo "scontro di civiltà" che sarebbe in atto nel mondo. Noi pensiamo che la logica della guerra e dello "scontro di civiltà" può essere superata solo con un "cambio di civiltà" fondato in tutto il mondo su una nuova qualità del rapporto tra gli uomini e le donne.
Oggi attraversiamo una fase contraddittoria, in cui sembra manifestarsi una larga e violenta "reazione" contraria al mutamento prodotto dalla rivoluzione femminile. La violenza fisica contro le donne può essere interpretata in termini di continuità, osservando il permanere di un’antica attitudine maschile che forse per la prima volta viene sottoposta a una critica sociale così alta, ma anche in termini di novità, come una "risposta" nel quotidiano alle mutate relazioni tra i sessi.
Un altro sintomo inquietante è il proliferare di mentalità e comportamenti ispirati da fondamentalismi di varia natura religiosa, etnica e politica, che si accompagnano sistematicamente a una visione autoritaria e maschilista del ruolo della donna. Queste stesse tendenze sono però attualmente sottoposte a una critica sempre più vasta, soprattutto – ma non esclusivamente – da parte femminile.
In un contesto di insicurezza (in parte reale, in parte enfatizzata dai media e da settori della politica), di continua emergenza e paura per azioni terroristiche e per le contraddizioni provocate dalla nuova dimensione dei flussi di immigrazione, nel dibattito pubblico la matrice della violenza patriarcale e sessuale è stata spesso riferita a culture e religioni diverse dalla nostra. Molte voci però hanno insistito giustamente sul fatto che anche la nostra società occidentale non è stata e non è a tutt’oggi immune da questo tipo di violenza. E’ anzi possibile che il rilievo mediatico attribuito alla violenza sessuale che viene dallo "straniero" risponda a un meccanismo inconscio di rimozione e di falsa coscienza rispetto all’esistenza di questo stesso tipo di violenza, anche se in diversi contesti culturali, nei comportamenti di noi maschi occidentali.
Si è parlato dell’esigenza di un maggiore ruolo delle istituzioni pubbliche, sino alla costituzione come parti civili degli Enti Locali e dello Stato nei processi per violenze contro le donne. Si è persino messo sotto accusa un ipotetico "silenzio del femminismo" di fronte alla moltiplicazione dei casi di violenza.
Noi pensiamo che sia giunto il momento, prima di tutto, di una chiara presa di parola pubblica e di assunzione di responsabilità da parte maschile. In questi anni non sono mancati singoli uomini e gruppi maschili che hanno cercato di riflettere sulla crisi dell’ordine patriarcale. Ma oggi è necessario un salto di qualità, una presa di coscienza collettiva. La violenza è l’emergenza più drammatica.
Una forte presenza pubblica maschile contro la violenza degli uomini potrebbe assumere valore simbolico rilevante. Anche diffondendo e firmando questo Appello, convocando nelle città manifestazioni, incontri, assemblee, per provocare un confronto reale.
Siamo sempre più convinti che un filo unico leghi fenomeni anche molto distanti tra loro ma riconducibili alla sempre più insopportabile resistenza con cui la parte maschile della società reagisce alla volontà che le donne hanno di decidere della propria vita, di significare e di agire la loro nuova libertà: il corpo femminile è negato con la violenza. E invece viene anche disprezzato e considerato un mero oggetto di scambio (come ha dimostrato il recente scandalo sulle prestazioni sessuali chieste da uomini di potere in cambio di apparizioni in programmi tv ecc.). Viene rimosso da ambiti decisivi per il potere: nella politica, nell’accademia, nell’informazione, nell’impresa, nelle organizzazioni sindacali. Lo sguardo maschile non vede ancora adeguatamente la grande trasformazione delle nostre società prodotta negli ultimi decenni dal massiccio ingresso delle donne nel mercato del lavoro.
Proponiamo e speriamo che finalmente inizi e si diffonda in tutta Italia una riflessione pubblica tra gli uomini, nelle famiglie, nelle scuole e nelle università, nei luoghi della politica e dell’informazione, nel mondo del lavoro, una riflessione comune capace di determinare una svolta evidente nei comportamenti quotidiani e nella vita di ciascuno di noi."
(Stiamo organizzando un incontro pubblico in Piemonte, a Pinerolo, il 21 e 22 marzo)
Per controfirmare l’Appello: http://www.maschileplurale.it/
Blog: http://blogmaschilepluraleitalia.blogspot.com/
Contatti: info@maschileplurale.it
Piemonte
Cerchio degli Uomini: http://www.cerchiodegliuomini.org/, Roberto Poggi roby.po@libero.it (Torino) Uomini in cammino: Beppe Pavan carlaebeppe@libero.it (Pinerolo)
Lombardia
Alessio Miceli almiceli63@gmail.com (Milano); Danilo Villa danilo.villa@cgil.lombardia.it (Brianza)
Liguria
Alberto Leiss albertoleiss@gmail.com (Genova)
Veneto
Andrea Lavagnoli andrealava@tiscali.it (Verona);Giovanni Ferronato giovanni.ferronato@libero.it (Castelfranco); Marco Cazzaniga adriarca@interfree.it (Spinea)
Emilia Romagna
Marco Deriu marco.deriu@unipr.it e giacmamb@libero.it (Parma); Sandro Bellassai sandro.bellassai@unibo.it e Gianluca kabala76@email.it (Bologna)
Toscana
Gruppo Uomini Viareggio: Riccardo Corrieri marinaricca@alice.it (Viareggio)
Umbria
Simone Alfonsi goguar@gmail.com (Orvieto)
Lazio
MaschilePlurale: Stefano Ciccone ciccone@romascienza.it (Roma)
Puglia
Uomini in gioco: Nino De Giosa ninodegiosa@gmail.com (Bari) e Orazio Leggiero orazioleggiero@libero.it (Monopoli)
Sicilia
Associazione Nonpiùsole: Carmelo Pulvirenti cpulvirenti@nonpiusole.it (Ragusa), Michele Ammirata micheleammirata@libero.it e Cirus Rinaldi cirus.rinaldi@alice.it (Palermo)
lunedì 24 novembre 2008
Anche le SpA sono con noi!!
E' con vero piacere che vi giro il comunicato stampa di questi artisti!
Ciao Amicofragile.
Anche i movimenti artistici S.P.A. (Società Per Azioni Artistiche) e la propaganda per la ©ivilizzazione delle masse, partecipano alla giornata internazionale contro la violenza sulle donne del 25 novembre.Quattro manifesti verranno esposti a Roma in quattro strade centrali.Un manifesto per il dolore.Un manifesto per la vergogna.Un manifesto per lo sconforto.Un manifesto per denuncia.Qualcuno potrebbe chiedersi a cosa possa servire un'azione del genere, una fra infinite, in mezzo a tanta confusione e indifferenza.Solo una questione di "anima", coscienza - dicono S.P.A. e propaganda per la ©ivilizzazione delle masse.Siamo artisti e così sappiamo "parlare", ma siamo anche donne e uomini e come tali sentiamo il dolore per un dramma che continua ad esistere nonostante "l'evoluzione" della specie.Proviamo vergogna, perché tutti noi siamo vittime ma anche carnefici.Sentiamo sconforto perché spesso non si sente altro e tutto diviene impossibile, inattaccabile, troppo grande da contrastare per noi tutti che alla fine siamo soli.Ma riconosciamo anche il sentimento più grande: l'essere consapevoli che oltre il dolore, la paura, la rabbia, lo scoraggiamento e lo strazio, dentro di noi nasce sempre la reazione inversa. Potente come il desiderio di vita, di denuncia, di giustizia. Potente come la nostra coscienza che finalmente ci manifesta una motivazione che diventano tante, troppe, infinite per non opporsi, per non reagire, per nascondersi dietro una colpa che non è certo di chi subisce.Noi, vogliamo solo dire che ci siamo.Noi, per la giornata internazionale contro la violenza sulle donne e per sempre, diciamo solo "basta".
Anche i movimenti artistici S.P.A. (Società Per Azioni Artistiche) e la propaganda per la ©ivilizzazione delle masse, partecipano alla giornata internazionale contro la violenza sulle donne del 25 novembre.Quattro manifesti verranno esposti a Roma in quattro strade centrali.Un manifesto per il dolore.Un manifesto per la vergogna.Un manifesto per lo sconforto.Un manifesto per denuncia.Qualcuno potrebbe chiedersi a cosa possa servire un'azione del genere, una fra infinite, in mezzo a tanta confusione e indifferenza.Solo una questione di "anima", coscienza - dicono S.P.A. e propaganda per la ©ivilizzazione delle masse.Siamo artisti e così sappiamo "parlare", ma siamo anche donne e uomini e come tali sentiamo il dolore per un dramma che continua ad esistere nonostante "l'evoluzione" della specie.Proviamo vergogna, perché tutti noi siamo vittime ma anche carnefici.Sentiamo sconforto perché spesso non si sente altro e tutto diviene impossibile, inattaccabile, troppo grande da contrastare per noi tutti che alla fine siamo soli.Ma riconosciamo anche il sentimento più grande: l'essere consapevoli che oltre il dolore, la paura, la rabbia, lo scoraggiamento e lo strazio, dentro di noi nasce sempre la reazione inversa. Potente come il desiderio di vita, di denuncia, di giustizia. Potente come la nostra coscienza che finalmente ci manifesta una motivazione che diventano tante, troppe, infinite per non opporsi, per non reagire, per nascondersi dietro una colpa che non è certo di chi subisce.Noi, vogliamo solo dire che ci siamo.Noi, per la giornata internazionale contro la violenza sulle donne e per sempre, diciamo solo "basta".
Ciao Amicofragile.
Anche i movimenti artistici S.P.A. (Società Per Azioni Artistiche) e la propaganda per la ©ivilizzazione delle masse, partecipano alla giornata internazionale contro la violenza sulle donne del 25 novembre.Quattro manifesti verranno esposti a Roma in quattro strade centrali.Un manifesto per il dolore.Un manifesto per la vergogna.Un manifesto per lo sconforto.Un manifesto per denuncia.Qualcuno potrebbe chiedersi a cosa possa servire un'azione del genere, una fra infinite, in mezzo a tanta confusione e indifferenza.Solo una questione di "anima", coscienza - dicono S.P.A. e propaganda per la ©ivilizzazione delle masse.Siamo artisti e così sappiamo "parlare", ma siamo anche donne e uomini e come tali sentiamo il dolore per un dramma che continua ad esistere nonostante "l'evoluzione" della specie.Proviamo vergogna, perché tutti noi siamo vittime ma anche carnefici.Sentiamo sconforto perché spesso non si sente altro e tutto diviene impossibile, inattaccabile, troppo grande da contrastare per noi tutti che alla fine siamo soli.Ma riconosciamo anche il sentimento più grande: l'essere consapevoli che oltre il dolore, la paura, la rabbia, lo scoraggiamento e lo strazio, dentro di noi nasce sempre la reazione inversa. Potente come il desiderio di vita, di denuncia, di giustizia. Potente come la nostra coscienza che finalmente ci manifesta una motivazione che diventano tante, troppe, infinite per non opporsi, per non reagire, per nascondersi dietro una colpa che non è certo di chi subisce.Noi, vogliamo solo dire che ci siamo.Noi, per la giornata internazionale contro la violenza sulle donne e per sempre, diciamo solo "basta".
Anche i movimenti artistici S.P.A. (Società Per Azioni Artistiche) e la propaganda per la ©ivilizzazione delle masse, partecipano alla giornata internazionale contro la violenza sulle donne del 25 novembre.Quattro manifesti verranno esposti a Roma in quattro strade centrali.Un manifesto per il dolore.Un manifesto per la vergogna.Un manifesto per lo sconforto.Un manifesto per denuncia.Qualcuno potrebbe chiedersi a cosa possa servire un'azione del genere, una fra infinite, in mezzo a tanta confusione e indifferenza.Solo una questione di "anima", coscienza - dicono S.P.A. e propaganda per la ©ivilizzazione delle masse.Siamo artisti e così sappiamo "parlare", ma siamo anche donne e uomini e come tali sentiamo il dolore per un dramma che continua ad esistere nonostante "l'evoluzione" della specie.Proviamo vergogna, perché tutti noi siamo vittime ma anche carnefici.Sentiamo sconforto perché spesso non si sente altro e tutto diviene impossibile, inattaccabile, troppo grande da contrastare per noi tutti che alla fine siamo soli.Ma riconosciamo anche il sentimento più grande: l'essere consapevoli che oltre il dolore, la paura, la rabbia, lo scoraggiamento e lo strazio, dentro di noi nasce sempre la reazione inversa. Potente come il desiderio di vita, di denuncia, di giustizia. Potente come la nostra coscienza che finalmente ci manifesta una motivazione che diventano tante, troppe, infinite per non opporsi, per non reagire, per nascondersi dietro una colpa che non è certo di chi subisce.Noi, vogliamo solo dire che ci siamo.Noi, per la giornata internazionale contro la violenza sulle donne e per sempre, diciamo solo "basta".
sabato 22 novembre 2008
documento del Gruppo Uomini Viareggio
UOMINI CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE E PER UNA NUOVA RELAZIONE FRA MASCHI E FEMMINE
La violenza sulle donne ci riguarda come uomini, perché ne siamo gli autori materiali, e chiama in causa tutta la nostra storia di maschi.
Il Gruppo Uomini Viareggio, che fa parte anche dell’Associazione Nazionale "Maschile Plurale", da tempo si incontra e si interroga sul senso ed il significato del proprio maschile
Partendo ciascuno dalla propria storia e dalla propria esperienza, abbiamo cercato un modo di stare insieme tra uomini, nella relazione con le nostre compagne, i figli e le figlie, con la mente aperta all’impegno politico, sociale, che già caratterizzava la nostra vita.
Questo per il fatto che non ci riconosciamo nel modello maschile che abbiamo ereditato e per tanto tempo praticato, ma soprattutto perché sentiamo uno stato di malessere , o quanto meno di disagio, rispetto ad una maschilità autoritaria, invadente e spesso violenta, che non sa riconoscere la propria "parzialità", e pretende di esprimere ed interpretare pensieri, sentimenti e parole di tutte/i.
Confrontandoci sul nostro vissuto e sulla pratica del presente, nel pubblico e nel privato, abbiamo tentato di indagare le cause della violenza maschile.
Nelle nostre discussioni sono emersi almeno due motivi alla base di tale grave atteggiamento:
Il primo è che la violenza è un dato storico del genere maschile, caratterizzato in molti casi da competitività, arrivismo, carrierismo, sopraffazione, controllo etc, legato al concetto di potere e dominio che l’uomo è da sempre abituato ad esercitare nelle relazioni di lavoro, negli ambienti sociali, politici, culturali, ricreativi etc., ed in particolare, nelle relazioni con mogli, fidanzate, compagne.
Normalmente l’uomo ha una connotazione di forza e decisionalità: ha creato un mondo ed un mercato del lavoro a sua immagine e somiglianza, ha formato una struttura politico-amministrativa che risponde alle proprie esigenze di potere, decide e fa le guerre etc., in poche parole noi uomini siamo figli del "patriarcato".
Il secondo motivo lo abbiamo individuato nella reazione, a volte violenta, alla crisi che l’uomo sta passando, e cioè la crisi dell’ordine gerarchico patriarcale.
Dal momento in cui il dominio maschile è stato fortemente messo in discussione dal movimento femminista prima e dalla politica della differenza di genere poi (politica che ha contaminato e contamina sempre di più tanti uomini), ha determinato reazioni diverse: in alcuni casi smarrimento, distacco, chiusura in se stesso, indifferenza e paura, in altri una reazione di diffusa violenza, fino ad atti criminali, perché l’uomo si è sentito privato delle tutele offerte da un modello autoritario maschile.
Gli spazi di autorevolezza e di libertà, che le donne vanno sempre più conquistando, sono vissuti da molti uomini come un attentato alla propria libertà ed al proprio potere, mai messo prima in discussione.
Sulla base di questi ragionamenti ci siamo chiesti: una nuova relazione fra sessi è possibile? Pensiamo proprio di si, ad una condizione, che è quella di attuare una relazione nella differenza sessuale, in cui ciascuno/a riconosca la propria parzialità.
La pratica da seguire è quella di porci in uno stato di ascolto, col desiderio di conoscerci, confrontarci ed attuare modalità di relazione includenti fiducia e riconoscimento reciproco per la conquista di spazi di sempre maggiore libertà per entrambi.
Dato che nella famiglia avvengono il 70% delle violenze sessuali, pensiamo che quello sia il primo luogo nel quale si debba metter in atto la pratica sopra detta.
Infatti nel rapporto duale (uomo – donna) ed in quello familiare c’è il terreno ideale per sperimentare relazioni diverse fra uomo – donna, padre – madre, figlie – figli. Lo stesso sistema di relazioni va naturalmente praticato anche in ambiti diversi, sui luoghi di lavoro, nella pratica politica e sociale, in un pacato rapporto di insegnamento, apprendimento, ascolto, in cui abbiano spazio sentimenti, emozioni, passioni e corporeità.
Viareggio, 29 Ottobre 2008 GRUPPO UOMINI VIAREGGIO
La violenza sulle donne ci riguarda come uomini, perché ne siamo gli autori materiali, e chiama in causa tutta la nostra storia di maschi.
Il Gruppo Uomini Viareggio, che fa parte anche dell’Associazione Nazionale "Maschile Plurale", da tempo si incontra e si interroga sul senso ed il significato del proprio maschile
Partendo ciascuno dalla propria storia e dalla propria esperienza, abbiamo cercato un modo di stare insieme tra uomini, nella relazione con le nostre compagne, i figli e le figlie, con la mente aperta all’impegno politico, sociale, che già caratterizzava la nostra vita.
Questo per il fatto che non ci riconosciamo nel modello maschile che abbiamo ereditato e per tanto tempo praticato, ma soprattutto perché sentiamo uno stato di malessere , o quanto meno di disagio, rispetto ad una maschilità autoritaria, invadente e spesso violenta, che non sa riconoscere la propria "parzialità", e pretende di esprimere ed interpretare pensieri, sentimenti e parole di tutte/i.
Confrontandoci sul nostro vissuto e sulla pratica del presente, nel pubblico e nel privato, abbiamo tentato di indagare le cause della violenza maschile.
Nelle nostre discussioni sono emersi almeno due motivi alla base di tale grave atteggiamento:
Il primo è che la violenza è un dato storico del genere maschile, caratterizzato in molti casi da competitività, arrivismo, carrierismo, sopraffazione, controllo etc, legato al concetto di potere e dominio che l’uomo è da sempre abituato ad esercitare nelle relazioni di lavoro, negli ambienti sociali, politici, culturali, ricreativi etc., ed in particolare, nelle relazioni con mogli, fidanzate, compagne.
Normalmente l’uomo ha una connotazione di forza e decisionalità: ha creato un mondo ed un mercato del lavoro a sua immagine e somiglianza, ha formato una struttura politico-amministrativa che risponde alle proprie esigenze di potere, decide e fa le guerre etc., in poche parole noi uomini siamo figli del "patriarcato".
Il secondo motivo lo abbiamo individuato nella reazione, a volte violenta, alla crisi che l’uomo sta passando, e cioè la crisi dell’ordine gerarchico patriarcale.
Dal momento in cui il dominio maschile è stato fortemente messo in discussione dal movimento femminista prima e dalla politica della differenza di genere poi (politica che ha contaminato e contamina sempre di più tanti uomini), ha determinato reazioni diverse: in alcuni casi smarrimento, distacco, chiusura in se stesso, indifferenza e paura, in altri una reazione di diffusa violenza, fino ad atti criminali, perché l’uomo si è sentito privato delle tutele offerte da un modello autoritario maschile.
Gli spazi di autorevolezza e di libertà, che le donne vanno sempre più conquistando, sono vissuti da molti uomini come un attentato alla propria libertà ed al proprio potere, mai messo prima in discussione.
Sulla base di questi ragionamenti ci siamo chiesti: una nuova relazione fra sessi è possibile? Pensiamo proprio di si, ad una condizione, che è quella di attuare una relazione nella differenza sessuale, in cui ciascuno/a riconosca la propria parzialità.
La pratica da seguire è quella di porci in uno stato di ascolto, col desiderio di conoscerci, confrontarci ed attuare modalità di relazione includenti fiducia e riconoscimento reciproco per la conquista di spazi di sempre maggiore libertà per entrambi.
Dato che nella famiglia avvengono il 70% delle violenze sessuali, pensiamo che quello sia il primo luogo nel quale si debba metter in atto la pratica sopra detta.
Infatti nel rapporto duale (uomo – donna) ed in quello familiare c’è il terreno ideale per sperimentare relazioni diverse fra uomo – donna, padre – madre, figlie – figli. Lo stesso sistema di relazioni va naturalmente praticato anche in ambiti diversi, sui luoghi di lavoro, nella pratica politica e sociale, in un pacato rapporto di insegnamento, apprendimento, ascolto, in cui abbiano spazio sentimenti, emozioni, passioni e corporeità.
Viareggio, 29 Ottobre 2008 GRUPPO UOMINI VIAREGGIO
giovedì 20 novembre 2008
Eppur si muove....
Ecco ciò che si muove intorno alla giornata del 25 Novembre.
Un caro saluto da Amicofragile per GUV.
Roma 14novembre 2008Gruppo MaschilePlurale di Roma info@...
COMUNICATO STAMPA In occasionedella Giornata Internazionaleper la eliminazione della violenza contro le donne, il GruppoMaschile Plurale di Romapromuove un incontro nazionale apertosul tema :Che genere di violenza ?Roma, domenica 23 novembre dalle 10 alle 17 -Sala Luigi Pintor in Via dello Scalo San Lorenzo n. 67La violenza maschile sulle donne in tutto il mondo una realtà sempre piùinaccettabile. In Italia noi uomini dobbiamo essere più coscienti epresenti anche con le nostre testimonianze in un momento dell anno in cuiovunque si riflette, si protesta, si grida contro il silenzio e l ‘indifferenza, contro le soluzioni facili, contro l ‘ ipocrisia, in unasocietà che invece ci vorrebbe sempre più individui isolati,slegati, incapaci di denunciare e di impegnarsi concretamente ecoerentemente.Il Gruppo Maschile Plurale di Roma, nato oltre dieci anni fa come gruppodi discussione e di autocoscienza fra uomini, fa parte di una reteitaliana composta da decine di altri gruppi contro il patriarcato e controla violenza sulle donne per unaridefinizione delle relazioni fra i generi.In tutta Italia in questo periodo sono in programma diverse iniziativelocali e nazionali sultema della violenza maschile e noi ci siamo impegnati per offrire unoccasionedi comunicazione tra gruppi maschili, femminili e misti, attivi in diversecittà .L’ incontro nazionale di domenica 23novembre, a Roma, ¨ aperto a uomini e donne per ragionare e dialogareassiemesul tema della violenza a partire da esperienze concrete di singoli e digruppiche in molte città hanno sperimentato pratiche e iniziative diresponsabilizzazione degli uomini in diversi contesti e con modalità moltodifferenti, anche in collaborazione con gruppi di donne.Vorremmo chequesto Incontro nazionale aperto a uomini e donne diventasse una nuovaoccasionedi maturazione individuale e collettiva, generativa di comportamenti maanche diprogetti concreti da realizzare.Attraverso il sito www.maschileplurale.itstiamo raccogliendo e pubblicando informazioni per far conoscere quelloche le realtlocali organizzano e promuovono in questa occasione, invitando quinditutti gliinteressati a spedirci al pi ¹ presto eventuali aggiornamenti :info@.... GruppoMaschile Plurale diRoma Contatti: Andrea Baglioni 3339872781
Un caro saluto da Amicofragile per GUV.
Roma 14novembre 2008Gruppo MaschilePlurale di Roma info@...
COMUNICATO STAMPA In occasionedella Giornata Internazionaleper la eliminazione della violenza contro le donne, il GruppoMaschile Plurale di Romapromuove un incontro nazionale apertosul tema :Che genere di violenza ?Roma, domenica 23 novembre dalle 10 alle 17 -Sala Luigi Pintor in Via dello Scalo San Lorenzo n. 67La violenza maschile sulle donne in tutto il mondo una realtà sempre piùinaccettabile. In Italia noi uomini dobbiamo essere più coscienti epresenti anche con le nostre testimonianze in un momento dell anno in cuiovunque si riflette, si protesta, si grida contro il silenzio e l ‘indifferenza, contro le soluzioni facili, contro l ‘ ipocrisia, in unasocietà che invece ci vorrebbe sempre più individui isolati,slegati, incapaci di denunciare e di impegnarsi concretamente ecoerentemente.Il Gruppo Maschile Plurale di Roma, nato oltre dieci anni fa come gruppodi discussione e di autocoscienza fra uomini, fa parte di una reteitaliana composta da decine di altri gruppi contro il patriarcato e controla violenza sulle donne per unaridefinizione delle relazioni fra i generi.In tutta Italia in questo periodo sono in programma diverse iniziativelocali e nazionali sultema della violenza maschile e noi ci siamo impegnati per offrire unoccasionedi comunicazione tra gruppi maschili, femminili e misti, attivi in diversecittà .L’ incontro nazionale di domenica 23novembre, a Roma, ¨ aperto a uomini e donne per ragionare e dialogareassiemesul tema della violenza a partire da esperienze concrete di singoli e digruppiche in molte città hanno sperimentato pratiche e iniziative diresponsabilizzazione degli uomini in diversi contesti e con modalità moltodifferenti, anche in collaborazione con gruppi di donne.Vorremmo chequesto Incontro nazionale aperto a uomini e donne diventasse una nuovaoccasionedi maturazione individuale e collettiva, generativa di comportamenti maanche diprogetti concreti da realizzare.Attraverso il sito www.maschileplurale.itstiamo raccogliendo e pubblicando informazioni per far conoscere quelloche le realtlocali organizzano e promuovono in questa occasione, invitando quinditutti gliinteressati a spedirci al pi ¹ presto eventuali aggiornamenti :info@.... GruppoMaschile Plurale diRoma Contatti: Andrea Baglioni 3339872781
mercoledì 12 marzo 2008
8 marzo 2008 Uomini, sessualità, paternità e aborto
8 marzo 2008
Uomini, sessualità, paternità e aborto
L’8 marzo di quest’anno è stato segnato da polemiche particolarmente acute sulla questione dell’aborto: riteniamo utile offrire al confronto pubblico questo testo elaborato da alcuni uomini.
In Italia e nel mondo si allarga e si approfondisce una discussione sul valore della vita, sull'aborto, sul ruolo di donne e uomini nel concepimento.Ci sembra che il dibattito pubblico aperto possa svilupparsi in due direzioni: una - per noi negativa e inaccettabile - è quella di un tentativo di autoaffermazione maschile per riconquistare un potere simbolico e normativo perduto sul corpo e sulla libertà delle donne. La seconda è invece l'assunzione di una maggiore consapevolezza maschile, in una ricerca fondata sul riconoscimento della libertà femminile quale condizione di una nuova libertà anche per gli uomini, e di un modo più responsabile di vivere la propria sessualità, le relazioni tra i sessi, le scelte per il concepimento.
In Italia la discussione più recente è stata sollecitata anche dalla proposta di cosiddetta "moratoria" sull'aborto.
Parlare di "moratoria" - in seguito al successo dell'iniziativa italiana per sconfiggere la pena di morte nel mondo - equipara in modo provocatorio e inaccettabile la scelta personale di una donna di rifiutare una gravidanza a quella degli Stati di togliere la vita al prossimo in nome del diritto. Introduce inoltre una grave e altrettanto inaccettabile confusione rispetto alla gestione e attuazione delle leggi - come in Italia la 194 - che sono intervenute contro la pratica dell'aborto clandestino.
Con una parte degli argomenti sollevati dalla "campagna" sulla "moratoria" pensiamo sia invece giusto confrontarsi, anche per contribuire a una maggiore chiarezza del discorso pubblico.
In particolare anche noi riteniamo giusta una battaglia contro la pratica degli infanticidi e gli aborti selettivi delle figlie femmine in vaste parti del mondo. Non è accettabile che uno stato - come avviene in Cina - tenda a obbligare per legge la limitazione delle nascite a un solo figlio. Le discriminazioni e gli infanticidi delle femmine sono però il frutto di pregiudizi maschilisti che vanno sradicati prima di tutto dalla testa degli uomini.
In Cina e in altri paesi, come l'India, in cui questi pregiudizi sono diffusi, si allargano anche le proteste delle donne, delle popolazioni e delle forze politiche e culturali più aperte: è nella condivisione di queste reazioni che va misurata la sincerità della denuncia che viene da noi maschi occidentali. Anche la discussione sulle pratiche eugenetiche e sul rapporto tra scienza e vita va affrontata in uno spirito di apertura, bandendo l'evocazione - anche questa provocatoria e pericolosa - di nuove "crociate" ideologiche o religiose, con i loro effetti oscurantisti.
La sincerità di un impegno maschile per la vita va secondo noi messa alla prova dei significati di alcune parole chiave: libertà, sacralità, diritto, sessualità e paternità.
La libertà delle donne è la nostra libertà e il riconoscimento della differenza sessuale è il momento fondante di nuove relazioni. Una donna può generare e partorire e un uomo no. E' una verità che può creare in noi uomini un'invidia difficile da confessare. Un sentimento che dovremmo imparare a elaborare riconoscendo in esso semmai un desiderio di paternità che non dovrebbe mai essere disgiunto dall'amore e dal rispetto per la donna senza la quale questo desiderio non potrebbe mai essere realizzato.
Amore e rispetto che deve necessariamente comprendere anche la libertà ultima della donna di accettare o meno la sua gravidanza: un'esperienza che riguarda intimamente il suo corpo, il suo intelletto e i suoi sentimenti.
Noi, che parliamo anche a partire da una pratica di relazione e di scambio con altri uomini che sono credenti e non credenti, abbiamo differenti concezioni del significato di sacralità della vita ma ciò non impedisce che concordiamo su alcuni principi. La critica radicale alla pena di morte e alla guerra si basa su un'idea di intoccabilità della vita nell'ambito del diritto. Ma il concepimento, la cura, la crescita della vita nel ventre della madre nel suo duplice e unico corpo non può essere completamente razionalizzata in termini di "diritto". La pratica medica comunque garantisce che in nessun caso si possa intervenire sul corpo senza un vero consenso. A maggior ragione questo vale per la scelta delle donne sul loro corpo e su quello dei nuovi esseri umani che stanno generando. Noi uomini non possiamo che partecipare a questa nuova generazione di vita consapevoli di poterla condividere solo parzialmente.
Siamo rimasti molto sorpresi di fronte alle dichiarazioni di alcuni esponenti della gerarchia cattolica italiana, preoccupati di invocare i risultati della scienza per sottrarre al più presto possibile il destino del feto al corpo, alla volontà e all'amore della madre.
Molti uomini, che dimostrano una passione pubblica sul tema dell'aborto, criticano l'idea che questa scelta - vissuta dalle donne quasi sempre con drammatica sofferenza - possa essere equiparata a un "diritto". Noi facciamo propria la posizione del femminismo che ha sempre rifiutato per l'aborto il termine di "diritto" ma ha teso semmai a vederne un effetto del "disordine incosciente" sessuale maschile, troppo spesso subito dalle stesse donne. Ma è particolarmente intollerabile che molti maschi che criticano il "diritto all'aborto" oppongano poi alla libertà di scelta della donna il "diritto" del nascituro, attraverso una serie di astrazioni e di slittamenti del linguaggio che portano a nominare "bambino" il feto e "persona umana compiuta" l'embrione. Cioè stadi della vita che possono esistere e evolversi solo grazie all'accettazione del corpo materno che li contiene e li nutre.
L'inquietudine maschile sul tema del controllo sulla nascita sembra trovare soddisfazione solo nella produzione formale di nuove norme. E' indicativo l'uso della dicitura - che si vorrebbe introdurre nella dichiarazione universale dei diritti dell'uomo - secondo la quale il "diritto alla vita", già nominato in quel testo, debba essere inteso "dal concepimento alla morte naturale". Ci sembra una massima non universale ma frutto di una più o meno consapevole parzialità maschile: infatti vi è completamente rimosso il dato che dal concepimento alla nascita quel "diritto", quella potenzialità e possibilità di vita, sono interamente affidate alla cura e alla scelta della madre. Se rimuoviamo questo dalle nostre leggi non potremo essere creduti nella buona fede in favore della vita, e tanto meno nelle promesse di rispetto per la libertà femminile.
Sessualità e paternità, forse più di ogni altro aspetto, ci riguardano. Il controllo del corpo femminile esercitato dal genere maschile, ha spesso ridotto la nostra sessualità ad un atto di conquista e di possesso che ignora le conseguenze, che si dimentica volentieri dell'asimmetria costituita dal fatto che nell'atto sessuale del maschio è sempre implicita la possibilità di fecondazione, mentre il piacere femminile non è altrettanto meccanicamente legato alla riproduzione. Ma le conseguenze della fecondazione ricadono invece tutte sul corpo femminile.
Ciò che non leggiamo in tante prese di posizione maschili - anche in quelle che a parole difendono la libertà di scelta femminile - è una chiara parola sulla presenza o meno del proprio desiderio di paternità e sulla capacità di riconoscerlo nell'assunzione delle proprie responsabilità e di incontrarsi e di misurarsi con l'esistenza o meno del desiderio di maternità femminile. Una posizione indifferente rispetto alle pratiche abortive può nascondere una visione in fondo altrettanto misogina di quella che rifiuta l'aborto in nome della riconquista del potere patriarcale perduto sul controllo del corpo femminile.
La cultura maschile esercita qui ancora un potere di fatto violento, anche al di là dello scandalo delle violenze sessuali così diffuse tra le mura domestiche e nelle strade. Esso si riflette non solo in tanti usi pubblici e pubblicitari del corpo delle donne, ma anche nelle pratiche scientifiche e mediche.
Esiste la prevenzione, ma c'è una grande disparità fra uomo e donna; il corpo femminile è stato oggetto di ricerca e sperimentazione, non è stato così per il maschio. La ricerca ha ben capito, seguendo la cultura dominante maschile, che i profitti si sarebbero fatti con la pillola e non con il 'pillolo' (semmai l'industria farmaceutica prospera sul "pillolo" non per la contraccezione ma per rimediare all'impotenza o alle prestazioni insoddisfacenti). Per concludere, la nostra domanda è questa: cari uomini , ci preoccupa il problema dell'aborto? Allora dite, diciamo qualcosa della nostra sessualità e del nostro desiderio di paternità.
Rodolfo Andrei, Antonio Canova, Marco Cazzaniga, Riccardo Corrieri, Giuliano Dalle Mura, Franco Fazzini, Alvise Ferialdi,Massimo Greco, Alberto Leiss, Massimiliano Luppino, Gianfranco Neri, Gianguido Palumbo, Roberto Poggi, Stefano Sarfati Nahmad, Claudio Tognonato, Claudio Vedovati.
( Gli autori della riflessione fanno anche parte dell'associazione nazionale MaschilePlurale )
Uomini, sessualità, paternità e aborto
L’8 marzo di quest’anno è stato segnato da polemiche particolarmente acute sulla questione dell’aborto: riteniamo utile offrire al confronto pubblico questo testo elaborato da alcuni uomini.
In Italia e nel mondo si allarga e si approfondisce una discussione sul valore della vita, sull'aborto, sul ruolo di donne e uomini nel concepimento.Ci sembra che il dibattito pubblico aperto possa svilupparsi in due direzioni: una - per noi negativa e inaccettabile - è quella di un tentativo di autoaffermazione maschile per riconquistare un potere simbolico e normativo perduto sul corpo e sulla libertà delle donne. La seconda è invece l'assunzione di una maggiore consapevolezza maschile, in una ricerca fondata sul riconoscimento della libertà femminile quale condizione di una nuova libertà anche per gli uomini, e di un modo più responsabile di vivere la propria sessualità, le relazioni tra i sessi, le scelte per il concepimento.
In Italia la discussione più recente è stata sollecitata anche dalla proposta di cosiddetta "moratoria" sull'aborto.
Parlare di "moratoria" - in seguito al successo dell'iniziativa italiana per sconfiggere la pena di morte nel mondo - equipara in modo provocatorio e inaccettabile la scelta personale di una donna di rifiutare una gravidanza a quella degli Stati di togliere la vita al prossimo in nome del diritto. Introduce inoltre una grave e altrettanto inaccettabile confusione rispetto alla gestione e attuazione delle leggi - come in Italia la 194 - che sono intervenute contro la pratica dell'aborto clandestino.
Con una parte degli argomenti sollevati dalla "campagna" sulla "moratoria" pensiamo sia invece giusto confrontarsi, anche per contribuire a una maggiore chiarezza del discorso pubblico.
In particolare anche noi riteniamo giusta una battaglia contro la pratica degli infanticidi e gli aborti selettivi delle figlie femmine in vaste parti del mondo. Non è accettabile che uno stato - come avviene in Cina - tenda a obbligare per legge la limitazione delle nascite a un solo figlio. Le discriminazioni e gli infanticidi delle femmine sono però il frutto di pregiudizi maschilisti che vanno sradicati prima di tutto dalla testa degli uomini.
In Cina e in altri paesi, come l'India, in cui questi pregiudizi sono diffusi, si allargano anche le proteste delle donne, delle popolazioni e delle forze politiche e culturali più aperte: è nella condivisione di queste reazioni che va misurata la sincerità della denuncia che viene da noi maschi occidentali. Anche la discussione sulle pratiche eugenetiche e sul rapporto tra scienza e vita va affrontata in uno spirito di apertura, bandendo l'evocazione - anche questa provocatoria e pericolosa - di nuove "crociate" ideologiche o religiose, con i loro effetti oscurantisti.
La sincerità di un impegno maschile per la vita va secondo noi messa alla prova dei significati di alcune parole chiave: libertà, sacralità, diritto, sessualità e paternità.
La libertà delle donne è la nostra libertà e il riconoscimento della differenza sessuale è il momento fondante di nuove relazioni. Una donna può generare e partorire e un uomo no. E' una verità che può creare in noi uomini un'invidia difficile da confessare. Un sentimento che dovremmo imparare a elaborare riconoscendo in esso semmai un desiderio di paternità che non dovrebbe mai essere disgiunto dall'amore e dal rispetto per la donna senza la quale questo desiderio non potrebbe mai essere realizzato.
Amore e rispetto che deve necessariamente comprendere anche la libertà ultima della donna di accettare o meno la sua gravidanza: un'esperienza che riguarda intimamente il suo corpo, il suo intelletto e i suoi sentimenti.
Noi, che parliamo anche a partire da una pratica di relazione e di scambio con altri uomini che sono credenti e non credenti, abbiamo differenti concezioni del significato di sacralità della vita ma ciò non impedisce che concordiamo su alcuni principi. La critica radicale alla pena di morte e alla guerra si basa su un'idea di intoccabilità della vita nell'ambito del diritto. Ma il concepimento, la cura, la crescita della vita nel ventre della madre nel suo duplice e unico corpo non può essere completamente razionalizzata in termini di "diritto". La pratica medica comunque garantisce che in nessun caso si possa intervenire sul corpo senza un vero consenso. A maggior ragione questo vale per la scelta delle donne sul loro corpo e su quello dei nuovi esseri umani che stanno generando. Noi uomini non possiamo che partecipare a questa nuova generazione di vita consapevoli di poterla condividere solo parzialmente.
Siamo rimasti molto sorpresi di fronte alle dichiarazioni di alcuni esponenti della gerarchia cattolica italiana, preoccupati di invocare i risultati della scienza per sottrarre al più presto possibile il destino del feto al corpo, alla volontà e all'amore della madre.
Molti uomini, che dimostrano una passione pubblica sul tema dell'aborto, criticano l'idea che questa scelta - vissuta dalle donne quasi sempre con drammatica sofferenza - possa essere equiparata a un "diritto". Noi facciamo propria la posizione del femminismo che ha sempre rifiutato per l'aborto il termine di "diritto" ma ha teso semmai a vederne un effetto del "disordine incosciente" sessuale maschile, troppo spesso subito dalle stesse donne. Ma è particolarmente intollerabile che molti maschi che criticano il "diritto all'aborto" oppongano poi alla libertà di scelta della donna il "diritto" del nascituro, attraverso una serie di astrazioni e di slittamenti del linguaggio che portano a nominare "bambino" il feto e "persona umana compiuta" l'embrione. Cioè stadi della vita che possono esistere e evolversi solo grazie all'accettazione del corpo materno che li contiene e li nutre.
L'inquietudine maschile sul tema del controllo sulla nascita sembra trovare soddisfazione solo nella produzione formale di nuove norme. E' indicativo l'uso della dicitura - che si vorrebbe introdurre nella dichiarazione universale dei diritti dell'uomo - secondo la quale il "diritto alla vita", già nominato in quel testo, debba essere inteso "dal concepimento alla morte naturale". Ci sembra una massima non universale ma frutto di una più o meno consapevole parzialità maschile: infatti vi è completamente rimosso il dato che dal concepimento alla nascita quel "diritto", quella potenzialità e possibilità di vita, sono interamente affidate alla cura e alla scelta della madre. Se rimuoviamo questo dalle nostre leggi non potremo essere creduti nella buona fede in favore della vita, e tanto meno nelle promesse di rispetto per la libertà femminile.
Sessualità e paternità, forse più di ogni altro aspetto, ci riguardano. Il controllo del corpo femminile esercitato dal genere maschile, ha spesso ridotto la nostra sessualità ad un atto di conquista e di possesso che ignora le conseguenze, che si dimentica volentieri dell'asimmetria costituita dal fatto che nell'atto sessuale del maschio è sempre implicita la possibilità di fecondazione, mentre il piacere femminile non è altrettanto meccanicamente legato alla riproduzione. Ma le conseguenze della fecondazione ricadono invece tutte sul corpo femminile.
Ciò che non leggiamo in tante prese di posizione maschili - anche in quelle che a parole difendono la libertà di scelta femminile - è una chiara parola sulla presenza o meno del proprio desiderio di paternità e sulla capacità di riconoscerlo nell'assunzione delle proprie responsabilità e di incontrarsi e di misurarsi con l'esistenza o meno del desiderio di maternità femminile. Una posizione indifferente rispetto alle pratiche abortive può nascondere una visione in fondo altrettanto misogina di quella che rifiuta l'aborto in nome della riconquista del potere patriarcale perduto sul controllo del corpo femminile.
La cultura maschile esercita qui ancora un potere di fatto violento, anche al di là dello scandalo delle violenze sessuali così diffuse tra le mura domestiche e nelle strade. Esso si riflette non solo in tanti usi pubblici e pubblicitari del corpo delle donne, ma anche nelle pratiche scientifiche e mediche.
Esiste la prevenzione, ma c'è una grande disparità fra uomo e donna; il corpo femminile è stato oggetto di ricerca e sperimentazione, non è stato così per il maschio. La ricerca ha ben capito, seguendo la cultura dominante maschile, che i profitti si sarebbero fatti con la pillola e non con il 'pillolo' (semmai l'industria farmaceutica prospera sul "pillolo" non per la contraccezione ma per rimediare all'impotenza o alle prestazioni insoddisfacenti). Per concludere, la nostra domanda è questa: cari uomini , ci preoccupa il problema dell'aborto? Allora dite, diciamo qualcosa della nostra sessualità e del nostro desiderio di paternità.
Rodolfo Andrei, Antonio Canova, Marco Cazzaniga, Riccardo Corrieri, Giuliano Dalle Mura, Franco Fazzini, Alvise Ferialdi,Massimo Greco, Alberto Leiss, Massimiliano Luppino, Gianfranco Neri, Gianguido Palumbo, Roberto Poggi, Stefano Sarfati Nahmad, Claudio Tognonato, Claudio Vedovati.
( Gli autori della riflessione fanno anche parte dell'associazione nazionale MaschilePlurale )
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